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"Con l’entrata in scena delle nuove tecnologie nel mondo dell’arte, si sono verificati continui cambiamenti che hanno portato a dibattiti su quanto fosse eticamente corretto utilizzare questi nuovi strumenti. 
Ancora oggi ci sono artisti, critici, addetti ai lavori, favorevoli all’utilizzo di macchine come la telecamera, il computer, altri invece,  timorosi dei mezzi più moderni, si chiudono nella loro mentalità retrograda, ponendo un muro invalicabile. 
Spesso questo atteggiamento è determinato dalla mancanza di conoscenza di questi nuovi dispositivi e dalla paura che questi possano prendere il posto degli strumenti tradizionali; ma l’arte che utilizza mezzi tradizionali non potrà mai esaurirsi, continuerà a fare ciò che ha sempre fatto; poiché le caratteristiche e le potenzialità sono diverse, ma entrambi possono coesistere nello stesso tempo. 

Coloro che utilizzano strumenti tradizionali non sono estromessi dalle grandi questioni della contemporaneità, poiché quello che importa è ciò che si esprime e la maniera originale per esprimerlo.  
La presenza della tecnologia nell’arte ha portato a dei mutamenti che interessano l’opera d’arte, lo spettatore, il modo di fruizione dell’opera, i luoghi d’esposizione, l’artista e il suo modo di operare. Questa contribuisce alla formazione e diffusione di nuovi linguaggi formali, che a loro volta partecipano a modificare l’intero sistema dell’arte  e le stesse abitudini culturali. 
Soprattutto il computer porta profondi cambiamenti nella nostra esistenza, mutando la nostra esperienza dell’opera d’arte, del pubblico e dell’artista." 
l’Opera.
Con i nuovi mezzi tecnologici e digitali l’opera si apre, non è più immodificabile e chiusa in se stessa, ma stabilisce un nuovo rapporto con lo spazio e con il fruitore; non è più racchiusa entro i confini di una cornice, ma esce dal quadro, sperimenta nuove vie, si apre a nuove realtà. Questa apertura riguarda non solo l’opera in se stessa, ma anche il luogo in cui si svolge, il suo fruitore. Tale espansione dell’immagine verso l’esterno si verifica nelle installazioni, in cui l’opera interagisce con l’ambiente stesso, che entra a far parte dell’opera, la quale si protrae verso lo spettatore coinvolgendolo e rendendolo artefice dell’opera stessa.
Nell’arte interattiva l’elemento basilare è costituito proprio da questa interazione tra opera, ambiente e spettatore, il quale viene chiamato ad agire con l’immagine e il suono, apportando continui cambiamenti senza modificarne il senso estetico, anzi partecipa al processo artistico. 
lo Spettatore.
In questo contesto lo spettatore non è più un osservatore passivo, che contempli e basta, ma è attivo e partecipa alla creazione stessa dell’opera, cooperando con l’artista. Questo coinvolgimento del fruitore non è una novità, ma deve essere ricercato nell’arte cinetica, in ambito Fluxus, negli happening, nelle performance, nella videoart; assistiamo a delle video installazioni a circuito chiuso, dove il soggetto della ripresa sono i visitatori che si aggirano nelle sale della mostra.
L’utilizzo degli strumenti tecnologici permette allo spettatore di essere più libero, non necessita di un aiuto che lo guidi nella fruizione né di luoghi deputati esclusivi per la contemplazione dell’opera. Il pubblico può avvicinarsi all’opera a diversi livelli, fermarsi a livello senso motorio oppure andare oltre e scoprire ciò che c’è dietro. Con questi nuovi mezzi l’opera si apre, non è più immodificabile, chiusa in se stessa, ma stabilisce un nuovo rapporto con lo spazio e con il fruitore, non esiste una versione ufficiale, non ci sono più ambienti deputati per accoglierla, proteggerla e accudirla; è un’opera che vive e agisce in una dimensione transculturale e policontestuale."
la Performance
A partire dagli anni ’60 accanto a eventi artistici che per tradizione e convenzione erano considerati «Performance» (come il teatro, la danza o la musica) se ne sono aggiunti altri. Si sono affermate modalità espressive che non sono più collocabili precisamente tra le discipline tradizionali: Performance Art, Mixed Media, Happenings, Intermedia hanno valicato i limiti tra i generi artistici e hanno anche posto l’esigenza di oltrepassare i confini che separano l’arte dalla vita. La performance quindi è parte del processo di percezione sensoriale della realtà e ne costituisce la fase conclusiva. Nel momento in cui l’individuo percepisce un dato fenomeno tende a rievocare immagini delle proprie esperienze passate e a riviverle in una condizione carica emotivamente, che genera un’interconnessione tra gli eventi passati e l’esperienza attuale.
Le nuove attività  tecnico/creative che circondano queste nuove  opere, dunque, iniziano  a consentire  un nuovo modo di comprendere la realizzazione dell’esperienza, introducendo una nuova prospettiva per lo spettatore, come partecipante nell'installazione. Anna Munster sostiene che l'estetica della cultura digitale "ha riconfigurato l'esperienza corporea e ripensato la materialità”. Un’installazione olografica  ha qualcosa di unico da offrire, a patto che l'immagine reattiva non sia il semplice prodotto di un processo digitale,  ma risulti essere come un unicum fisicamente avvolto nell’installazione:  l’ologramma  e, quindi,  il suo aspetto complessivo,  dipendono dall’allestimento scenografico che di conseguenza viene disegnato. Tutto influisce sulla resa finale:  la scelta delle quinte e il suo efficace inserimento in un contesto coordinato,  in cui viene programmato e coreografato la posizione degli spettatori, i movimenti riprodotti, l’interazione con altri elementi sulla scena. L'immagine, a questo punto, diventa spazialmente dinamica e otticamente dispiegata nell'ambiente, producendo quella “presenza non materiale” che viene percepita dall’ Uomo,  Osservatore.    
Tale Osservatore  in una performance contestualizzata in un evento Advertainment si ingaggia con il Brand è diventa Consumatore, nel marketing sociale apprende la Causa e ne diventa Sostenitore.  
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